L’ Alzheimer è una patologia
scoperta nel lontano 1906 dal neuropatologo tedesco Alois Alzheimer dal quale
ha preso il nome. Fino ad ora nessuno era riuscito a comprendere come si
formasse questa subdola malattia. Ma oggi, nel 2014 forse possiamo dire di essere
arrivati ad una svolta anche se siamo molto lontani ancora dalla cura. Se
pensiamo che ad oggi sono 44 milioni di persone i malati di Alzheimer e che si
prevede che tra quarant’anni i malati saranno più di 80 milioni capiamo quanto
sia urgente che la ricerca vada avanti, progredisca per arrivare ad una cura.
La ricerca, così va avanti, dicevamo ma purtroppo molto lentamente anche perché
si tratta di uno studio per niente facile se consideriamo che l’organo da
studiare è il più nobile, il cervello. Questa è una malattia che colpisce
prevalentemente gli over 65enni ma, in alcuni casi, si può manifestare anche in
un’età più giovane. In una piccola percentuale di casi (fortunatamente nel 2-5%
dei casi l’Alzheimer genetico) si trasmette in via ereditaria, ma in oltre il
90% dei casi è sporadica.
I primi sintomi sono degli estemporanei vuoti di memoria,
man mano che passa il tempo sempre più frequenti, sbalzi di umore improvvisi ed
incontrollabili fino ad una completa perdita di memoria e di incapacità di ricordare
nomi, avvenimenti fino ad arrivare a non riconoscere più alcun volto neppure
quello più familiare. La drammaticità della malattia non colpisce solo i
malati,ma come è facilmente intuibile, anche tutti coloro che vivono
abitualmente con loro e se ne prendono
cura, cioè la famiglia. Ma da qualche tempo comincia a esserci qualche notizia
finalmente positiva e questo grazie ad una scoperta che potremmo definire
rivoluzionaria. Il team che ha il merito di essere arrivato a questa scoperta è
quello dell’Istituto Europeo per la ricerca del cervello, istituto fondato dal
premio Nobel per la medicina Rita Levi Montalcini.
L ‘Istituto Europeo per la ricerca del cervello (EBRI) )
guidati dal neurobiologo Antonino Cattaneo hanno individuato il sito in cui
nascono i “mattoni” responsabili della formazione della beta-amiloide, la
proteina tossica che soffocando i neuroni conduce alla demenza senile e
all'Alzheimer. Gli studi sono stati condotti su di un criceto che aveva
l’Alzheimer e che fatto capire che la malattia insorge quando alcune cellule
che si trovano nel cervello fanno fuoriuscire, all’improvviso, proteine anomale
quali la beta-amiloide. Queste proteine
appena fuoriescono si raggruppano e si posizionano su alcune parti del cervello
costituendo delle placche. Queste placche causano la patologia perché vanno a
spegnere poco alla volta la funzionalità del cervello. Ricercatori dell'Istituto europeo per la ricerca sul
cervello (Ebri. Il team di Cattaneo, utilizzando una tecnica messa a punto
negli anni '90 dallo stesso Cattaneo, ha scoperto che i piccoli frammenti
peptidici rilevanti nella malattia di Alzheimer, gli oligomeri patologici di Aβ,
si aggregano precocemente dentro il reticolo endoplasmico, un labirinto di
canali e membrane che circonda il nucleo della cellule. Gli oligomeri di Aβ
sono specie neurotossiche coinvolte in maniera cruciale negli eventi precoci
della malattia di Alzheimer. Prima di questo studio, non si conosceva molto
sulla loro formazione intracellulare a causa della mancanza di metodi selettivi
per riconoscere e colpire queste strutture patologiche. Grazie all'approccio
sviluppato dagli scienziati dell'Ebri è stato possibile “fotografare” questa
struttura in una cellula di criceto. Proprio il sito individuato si candida a
diventare un "target nel trattamento dell'Alzheimer” perché permetterebbe
terapie precoci della malattia. A questo punto ai ricercatori rimaneva da capire
come impedire questo processo e l’hanno intuito con l’utilizzo di raggi
luminosi che riescono ad impedire la fuoriuscita delle proteine beta-amiloidi. Dunque,
fondamentale è intervenire prima che queste proteine vengano rilasciate per
prevenire l’insorgere della malattia perché un intervento successivo e quindi
l’utilizzo dei raggi luminosi non porterebbe alcun beneficio. Devo dire, senza
voler essere autoreferenziale, già da diversi anni ho intuito il ruolo delle
proteine anomale nei meccanismi patogenetici o causali della malattia, e sul
ruolo fisiopatologico dei meccanismi e delle strutture subcelluleri quali il
reticolo endoplasmatico (RE), preposti al controllo di qualità delle proteine
prodotte dai neuroni nel corso di questa, ma anche di altre malattie
neurodegenerative, ma per fare ricerca su questi complessi aspetti è necessario
essere supportati e lavorare in un contesto globale, all’interno di enti o
istituzioni di ricerca come appunto è l’EBRI. Se possiamo affermare che la
ricerca è a buon punto non possiamo trascurare di dire che non è chiaro quando
le proteine stanno per essere espulse e, dunque, individuare il momento preciso
prima che la malattia si manifesti (RD).
Dal cacao (Theobroma cacao) estratti ricchi di molecole potenzialmente in grado di proteggere le sinapsi
dagli effetti della beta-amiloide.
I polifenoli del cacao potrebbero aiutare a prevenire i
danni al cervello causati dalla progressione della malattia di Alzheimer.
L'ipotesi arriva da uno studio pubblicato sul Journal of Alzheimer's Disease da
un gruppo di ricercatori guidato da Giulio Maria Pasinetti, esperto della Icahn
School of Medicine del Mount Sinai Hospital di New York, secondo cui un
particolare estratto di cacao, noto come “Lavado”, previene la formazione degli
accumuli di proteina beta-amiloide che danneggiano le cellule nervose e che
interferiscono con il buon funzionamento delle sinapsi, i punti di contatto fra
neuroni che consentono il passaggio dell'impulso nervoso.
Gli autori della ricerca hanno testato gli effetti di tre
diversi estratti di cacao caratterizzati da un contenuto differente di
polifenoli. Gli esperimenti, effettuati su topi geneticamente modificati in
modo da mimare la malattia di Alzheimer, hanno permesso di valutare la capacità
degli estratti di ridurre la formazione degli aggregati di proteina amiloide e
di ripristinare il funzionamento delle sinapsi. Ne è emerso che il più efficace
da entrambi i punti di vista è proprio l'estratto di cacao Lavado, quello più
ricco di polifenoli. Nella letteratura medica ci sono risultati contrastanti
sui potenziali benefici dei polifenoli del cacao sulle funzioni cognitive –
spiega Pasinetti – I nostri risultati sulla protezione contro i deficit delle
sinapsi da parte dell'estratto di cacao Lavado (…) suggeriscono fortemente che
i polifenoli siano i componenti attivi che ripristinano la trasmissione
sinaptica”. Secondo l'esperto, dato che la perdita di funzionalità delle
sinapsi sembra incidere sulla perdita di memoria più della perdita di cellule
nervose, il suo recupero potrebbe essere un bersaglio migliore per farmaci
contro le conseguenze negative dell'Alzheimer. Per questo integratori a base di
estratto di cacao Lavado potrebbero essere l'arma del futuro contro questa
malattia.
Luce sull'Alzheimer, per recuperare la memoria bisogna rafforzare le sinapsi
Agendo sulle connessioni nervose (sinapsi) potrebbe essere possibile
proteggere i ricordi minacciati dalla demenza. Per recuperare la memoria persa
a causa dell'Alzheimer potrebbe essere sufficiente rafforzare le sinapsi, i
punti di contatto tra i neuroni che permettono all'impulso nervoso di viaggiare
da una cellula all'altra. L'interessante ipotesi nasce dagli studi di un gruppo
di ricercatori coordinato da Roberto Malinow, esperto dell'Università della
California di San Diego. “I nostri risultati si aggiungono alle crescenti prove
del fatto che il cervello crea un ricordo formando gruppi di neuroni con
connessioni rafforzate – spiega Malinow – Per di più questi risultati
suggeriscono che probabilmente indebolire le sinapsi disgrega i gruppi di
neuroni per inattivare un ricordo”.
Come illustrato sulle pagine della rivista Nature, Malinow e
collaboratori sono arrivati a questa ipotesi sfruttando le potenzialità
dell'optogenica, una tecnologia basata sull'uso combinato della genetica e
della luce. Dopo aver modificato geneticamente dei ratti, i ricercatori hanno
fatto sì che gli animali associassero a uno stimolo la paura di ricevere una
scossa elettrica alla zampa. Utilizzando un impulso luminoso per rafforzare o
indebolire le connessioni nervose è stato scoperto che il ricordo del dolore
può essere eliminato e ricreato agendo sulla forza delle sinapsi.
La scoperta apre la strada a nuovi possibili approcci al
trattamento dell'Alzheimer perché le molecole che si accumulano nel cervello di
chi è affetto da questa malattia neurodegenerativa indeboliscono le sinapsi
così come fa l'impulso luminoso utilizzato da Malinow e collaboratori nei loro
esperimenti. Ma non solo. Secondo Thomas Insel, direttore del National
Institute of Mental Health statunitense, “al di là delle potenziali
applicazioni nel caso di disturbi associati alla perdita di memoria, come la
demenza, questo miglioramento nella comprensione del modo in cui funziona la
memoria potrebbe fornire indicazioni su come prendere il controllo di memorie
emotive fuori controllo in caso di malattie mentali, come il disturbo
post-traumatico da stress”.
Un testo poetico di Antonello Venditti
Ora che sono pioggia (1974)
Ora che son pioggia
e come il mare vado via,
che la lunga strada del tempo,
io l'ho vissuta,
che ho accettato il principio
fino a capire me stesso,
che ho odiato ed amato,
come tutti del resto,
la mia vita;
no, proprio non si può dire
che sono stato un modello di fedeltà,
di coerenza, di donna candida e smarrita;
non sono mai stato io
il tipo di accettare ordini e compromessi
con uomini, con donne e con i santi stessi.
Io ho accettato di dare
e dare con molta sincerità
ma i sentimenti e le cose
portano in sé contraddizioni.
Poteva essere amore per te,
per te e per te
ma l'amore ha molte facce,
scusami adesso
se non te l'ho saputo dare
ed anche nel lavoro
molte volte ho inseguito me stesso,
ho giocato per pigrizia,
per soldi o per paura;
ma ora che son pioggia
e come il mare vado via,
quella cosa che resta
la vedo: è solo Amore.
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