Dr.ssa Francesca Arosio
Psicologa e
Psicoterapeuta
Per
le famiglie è difficile comprendere cosa realmente significhi la demenza e i
cambiamenti che comporta nelle sue varie fasi.
In
particolare coloro che assistono il proprio caro ben presto non riescono più né
a capirlo né a farsi capire. Nel caso dell’Alzheimer la relazione
interpersonale, così importante nell’accudimento di qualsiasi malato, tende a
interrompersi in breve tempo perché si annullano le regole della comunicazione
verbale con cui siamo abituati a rapportarci agli altri
I
familiari spesso ignorano quanto sia errato credere che il malato di Alzheimer
abbia perso ogni capacità di comunicazione: egli si esprime come può, e sta a
noi imparare a capire il suo linguaggio.
E’
fondamentale riuscire a trasmettere a familiari e caregiver che è possibile
continuare a comunicare anche quando il malato non può più usare la parola.
Anche
i cosiddetti “disturbi del comportamento” sono un linguaggio, un vocabolario
con cui il malato cerca di esprimersi per comunicarci le sue esigenze ed
emozioni: bisogni da ascoltare e possibilmente da soddisfare, non da rimuovere
semplicisticamente o magari da sedare con farmaci.
La
comunicazione non verbale, del resto, basata sulla gestualità, su sorrisi e
carezze, sulla mimica di richieste o di azioni da compiere, si fonda sul
significato ancestrale e istintivo del linguaggio dei bambini. Tutti noi,
infatti, ci siamo espressi in tal modo prima di imparare ad articolare le
parole; tutti noi, dopo la nascita, abbiamo parlato il linguaggio dei malati di
Alzheimer per esprimere emozioni e bisogni fondamentali, ma solo malati di
Alzheimer, che riacquistano l’incanto della
fanciullezza, lo ricordano ancora e sono in grado di recuperarlo.
La comunicazione non verbale
è correlata alla manifestazione delle emozioni, dei sentimenti, di tutto ciò
che si “nasconde” dietro il significato delle parole.
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