Abbiamo
bisogno dell’arte per non perire a causa della verità (Nietzsche).
Musicoterapia: la possibilità di ascoltare il
battito del cervello e capire, comprendere l’intelligenza del cuore.
I disturbi del comportamento costituiscono un problema di rilevante importanza clinica e gestionale nell’ambito della cura del paziente affetto da demenza. Considerato il progressivo allungamento dell’età media di vita, la gestione di tali problematiche si fa quanto mai attuale. Oltre agli interventi farmacologici nelle residenze per anziani si stanno utilizzando nuovi approcci terapeutici, non farmacologici, tra i quali la musicoterapia. Tale approccio rimanda a una pratica terapeutica, effettuata attraverso il canale sonoro-musicale, che si discosta da quella che è un’idea di stimolazione musicale o del semplice ascolto di brani. Una revisione recente della letteratura (A Raglio et al., 2009) ha evidenziato la dicotomia presente tra l’uso della musica a scopo intrattenitivo e quello più specificamente terapeutico, rilevando inoltre che l’applicazione generica della musica in ambito patologico non comporta implicitamente l’utilizzo del termine “terapia” (Raglio, 2008). A tale proposito recentemente sono state effettuate revisioni della letteratura in diversi ambiti clinici (Calogiuri et al.; 2008; Gianotti et al., 2008; Goldwurm et al., 2008), ponendo particolare attenzione anche agli interventi musicali e musicoterapeutici nelle demenze (Nava et al., 2008). Tali applicazioni trovano riscontro nella letteratura in numerosi studi (Koger et al., 2000; Vink et al., 2004; Raglio et al., 2006a; Svansdottir et al., 2006; Raglio et al., 2008; Guetin et al., 2009) nei quali si evidenzia che la musicoterapia agisce sugli aspetti psichici della persona favorendo una migliore integrazione e una riduzione dei comportamenti disturbati.
L’approccio
musicoterapeutico utilizzato si basa sulla tecnica dell’improvvisazione
sonoro-musicale secondo un modello psicodinamico (Benenzon, 1984; 1997) che si
integra con la teoria psicologica di Stern (Stern, 1985, 2004; Raglio et al.,
in press). La relazione non verbale/sonoro-musicale costituisce il mezzo
terapeutico primario nel rapporto paziente/terapeuta permettendo la
condivisione degli stati emotivi (Raglio et al., in press). La condivisione
profonda e reciproca delle emozioni è facilitata dalla valenza regressiva
dell’elemento sonoro-musicale che consente di attuare una migliore integrazione
e organizzazione delle parti del sé compromesse dal danno neurologico (Raglio,
2006). Il canale sonoro-musicale e in particolare l’utilizzo di alcuni suoi
parametri, facilita il processo di espressione e regolazione delle emozioni
durante l’interazione tra la persona con demenza e il musicoterapeuta. Il suono
dunque diviene un “ponte comunicativo” con persone le cui modalità espressive
non vertono tanto sull’utilizzo efficace del canale verbale quanto piuttosto di
quello non-verbale; in tal senso l’espressione vocale, la mimica del volto, la
gestualità, se adeguatamente decodificate, possono costituire una base
comunicativa implicita con la persona affetta da demenza. A tale proposito a livello
fonosimbolico e rappresentativo il suono veicola informazioni su quanto viene
espresso dalla persona: ciò può essere il punto di partenza per una condivisione
autentica e reciproca di stati emotivi difficilmente esprimibili con le parole.
L’improvvisazione sonoro-musicale durante le sedute prevede l’utilizzo di
strumenti musicali di facile impiego, generalmente di tipo melodico e/o
percussivo (xilofoni, metallofoni, timpani, alcuni strumenti etnici).
La rilevazione delle le
modalità dinamiche intersoggettive tra paziente e terapeuta, pone l’attenzione
su alcune classi comportamentali relative a:
– produzioni sonoro-musicali: si distinguono le produzioni con una valenza
relazionale (produzioni sintoniche)
da quelle con valenza maggiormente esplorativa e quindi non caratterizzate da
intento comunicativo (produzioni
asintoniche); si rilevano inoltre la quantità e la tipologia di variazioni
musicali rilevate durante le produzioni di entrambi i soggetti (paziente e
musicoterapeuta).
– comunicazione non verbale e mimica del volto: si rilevano la presenza/assenza di movimenti sintonici del corpo effettuati sulla base della produzione sonora e la quantità di sorrisi o sguardi rivolti agli strumenti musicali o all’altro.
– comunicazione verbale: si rilevano la quantità e la tipologia delle comunicazioni verbali del paziente e del musicoterapeuta distinguendole in comunicazioni verbali inerenti il contesto sonoro-musicale o estranee a esso.
Questa griglia di osservazione permette di rilevare la presenza di sintonizzazioni affettive ricavabili dalla sovrapposizione di diversi comportamenti non esclusivamente sonoro-musicali: nel caso in cui, in corrispondenza di una produzione sintonica durante la quale paziente e musicoterapeuta condividono sul piano formale alcuni parametri prettamente musicali, si sviluppino contemporaneamente alcuni comportamenti ritenuti significativi sul piano del coinvolgimento emotivo (come per esempio, il sorriso o il movimento sintonico), si può con ogni probabilità dedurre la presenza di una reale sintonizzazione affettiva.
La codifica dei comportamenti sopra riportati permette quindi di verificare il livello di partecipazione e di coinvolgimento emotivo nonché la qualità della relazione in una logica intersoggettiva e dinamica tra paziente e terapeuta. Per quanto riguarda gli strumenti di valutazione degli esiti del trattamento ci si è avvalsi della Neuropsychiatric Inventory (NPI) (Cummings et al., 1994), test comunemente utilizzato per monitorare l’andamento, in termini di frequenza e gravità, dei disturbi del comportamento nelle demenze. Il punteggio totale è direttamente proporzionale alla manifestazione dei disturbi.
– comunicazione non verbale e mimica del volto: si rilevano la presenza/assenza di movimenti sintonici del corpo effettuati sulla base della produzione sonora e la quantità di sorrisi o sguardi rivolti agli strumenti musicali o all’altro.
– comunicazione verbale: si rilevano la quantità e la tipologia delle comunicazioni verbali del paziente e del musicoterapeuta distinguendole in comunicazioni verbali inerenti il contesto sonoro-musicale o estranee a esso.
Questa griglia di osservazione permette di rilevare la presenza di sintonizzazioni affettive ricavabili dalla sovrapposizione di diversi comportamenti non esclusivamente sonoro-musicali: nel caso in cui, in corrispondenza di una produzione sintonica durante la quale paziente e musicoterapeuta condividono sul piano formale alcuni parametri prettamente musicali, si sviluppino contemporaneamente alcuni comportamenti ritenuti significativi sul piano del coinvolgimento emotivo (come per esempio, il sorriso o il movimento sintonico), si può con ogni probabilità dedurre la presenza di una reale sintonizzazione affettiva.
La codifica dei comportamenti sopra riportati permette quindi di verificare il livello di partecipazione e di coinvolgimento emotivo nonché la qualità della relazione in una logica intersoggettiva e dinamica tra paziente e terapeuta. Per quanto riguarda gli strumenti di valutazione degli esiti del trattamento ci si è avvalsi della Neuropsychiatric Inventory (NPI) (Cummings et al., 1994), test comunemente utilizzato per monitorare l’andamento, in termini di frequenza e gravità, dei disturbi del comportamento nelle demenze. Il punteggio totale è direttamente proporzionale alla manifestazione dei disturbi.
Tale test è stato somministrato prima dell’inizio del trattamento (vaseline,
T0), al termine dello stesso (T1) e dopo alcune settimane dalla conclusione
(follow-up, T2). Il test comporta l’osservazione di 12 disturbi psichiatrici e
comportamentali: deliri, allucinazioni, agitazione, depressione, ansia,
euforia, apatia, disinibizione, irritabilità, attività motoria aberrante,
disturbi del comportamento notturno e di quello alimentare. Per valutare il
quadro cognitivo e funzionale sono stati rispettivamente somministrati in
corrispondenza della somministrazione della NPI, il Mini Mental State
Examination (MMSE) (Folstein et al., 1975), la scala Activities of daily living
(ADL) (Katz, 1963) e la Instrumental activities of daily living (IADL) (Lawton
et al., 1969).
Nonostante
il progressivo deterioramento cognitivo causato dalla malattia di Alzheimer e
dalla demenza senile,
il paziente conserva intatte certe abilità e competenze musicali
fondamentali (intonazione, sincronia ritmica, senso della tonalità). La musica
diventa quindi una via di accesso privilegiata per toccare il cuore di queste
persone, perché rassicura, rasserena, risveglia abitudini ed emozioni sopite”. Il malato di Alzheimer è in grado di
ricordare le melodie e spesso anche le parole di motivi che sono stati la
colonna sonora della sua vita. La musica può quindi essere utilizzata per
riportare a galla ricordi, eventi passati e tutte le emozioni e le sensazioni
legate a queste memorie.
Per mezzo dello strumento musicoterapeutico, vengono
toccate le corde di una persona di fronte alla quale ci avviciniamo con sguardo
ed occhi aperti sul mistero della malattia, con lo sguardo di chi, nella
consapevolezza che viaggiamo dal silenzio al silenzio, traduce quel silenzio in
spazi infiniti, in suoni da ascoltare che emergono dal profondo del nostro
mondo emotivo e personale, fissando tracce che restano, nonostante
l'impermanenza.
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